Interludio I - Capitolo 60
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Alla ricerca delle Storie Dimenticate 3

La lama sottile della sciabola eliminò con una certa facilità l’orso delle nevi di fronte a Blue. L’arma che le aveva dato suo fratello era formidabile. Nella mano destra, la sciabola era fine ma tagliente come un rasoio, mentre nella sinistra fluttuava una sfera di cristallo, intorno alla quale orbitavano diversi gioielli argentei riccamente decorati.

Quell’arma, alquanto inusuale, le dava la possibilità di usare sia i potenti incantesimi di un mago, sia capacità di combattimento in corpo a corpo. Attualmente possedeva solo [Duro Colpo], un semplice attacco potenziato, ma era certa che in futuro avrebbe trovato qualcos’altro.

Con una sequenza di [Prigione di Ghiaccio] e [Dardo Incantato], Blue ferì l’altro Orso delle Nevi che la minacciava, per poi gettarsi su di lui a spada tratta, con l’eleganza e la letalità delle migliori schermitrici olimpioniche.

Nonostante passasse la maggior parte del tempo immersa nella lettura o nelle missioni, era una giocatrice eccezionale. Un occhio esperto avrebbe certamente visto in lei un talento naturale, in aggiunta alla sua capacità di assorbire le informazioni e analizzare i dettagli. Comunque, non si era mai eccessivamente concentrata sui combattimenti, non le erano mai andati troppo giù.

Per quanto fosse solo un gioco, l’idea di “uccidere” o comunque eliminare un avversario sembrava quasi che si scontrasse con qualcosa dentro di lei. Non era mai stata un’amante della violenza, e gli scontri in arena non erano una realtà così diversa da un campo di battaglia.

[Duro Colpo]

Con un movimento rapido del polso, la lama andò a perforare la pelliccia irta di spine dell’Orso delle Nevi, che con un critico venne messo KO.

Con altrettanta maestria, la ragazza estrasse la sciabola dal corpo esanime del mostro e la ripose nel fodero insieme alla sfera. Guardò per un attimo il cadavere della creatura svanire lentamente in piccoli frammenti simili a cenere.

Per i mostri la situazione era diversa, in fin dei conti quelli erano finti al cento per cento. Non c’era nessun essere umano o animale a controllarli, erano solo dei pezzi di dati senz’anima. Almeno, pensandola così, quando combatteva con loro la sua moralità non veniva intaccata, almeno non del tutto. In ogni caso non era pazza, sapeva che quelle erano tutte idee abbastanza bizzarre parlando di un semplice videogioco.

Ma che ci poteva fare, lei era così.

Anne continuò a vagare per le zone montuose dell’estremo nord per un’altra mezz’ora senza riuscire bene a capire come muoversi. Non che la mappa non fosse chiara, ma le proporzioni erano completamente sbagliate. Quella che sembrava una piccola valle era spesso un’enorme voragine senza fondo circondata da rupi a strapiombo.

Inoltre, come se non fossero sufficienti l’ambiente inospitale e la tempesta di neve che imperversava, l’intera zona pullulava di mostri come orsi, vermi del ghiaccio e pure qualche gigante. Da questi ultimi, la ragazza decise di stare il più lontano possibile. Era equipaggiata bene, ma non così bene per sfidare una di quelle creature.

Anne, coperta da capo a piedi con una folta pelliccia chiara comprata nell’ultimo villaggio alle pendici delle montagne, avanzava a fatica nella neve ormai sfinita. Era chiaro che non poteva affidarsi alla mappa per capire le distanze, poteva trovarsi a un passo dalla dimora di Uthrafax come a chilometri di distanza.

Mentre seguiva uno stretto sentiero sul bordo di una montagna, si mise a dare un occhio alle sue statistiche.

Blue, Mago

Livello 43

Gear Score 440

[D] Sferosciabola di Uthrafax Liv.40 (GS 140) +Critico LV4 Vel. Att. LV2

[O] Veste dei Cento Occhi Liv.40 (GS 90) +Schivata LV3

[A] Zaffiro del Mana Liv.30 (GS 90) +Attacco LV2 +Rid. Ricarica LV3

[A] Orecchino di Perla Liv.40 GS (GS 120) +Vel. Att. LV3 +Difesa LV4

Bonus Attacco ●●○○○ Critico ●●●●○ Difesa ●●●●○ +Rid. Ricarica ●●●○○ Schivata ●●●○○ Vel. Att. ●●●●●

Sorrise leggermente, fiera del suo Gear Score 440. Tutte le missioni svolte per i mercanti avevano dato i loro frutti alla fine; si era riuscita a comprare oggetti che sarebbe stato difficile trovare all’asta, e a prezzi di favore per giunta.

Anne era ancora in uno stato di auto-ammirazione, quando di fronte a lei, appena visibile nella tempesta di neve, riuscì a intravedere un piccolo turbine celeste. La ragazza strinse gli occhi per poter vedere meglio.

Era sicuramente un portale, molto simile a quelli che portavano nei vari dungeon. Controllò fugacemente sulla mappa e ad occhio e croce si trovava proprio dove doveva essere l’ingresso della dimora dello Spirito Celeste.

Non senza difficoltà, Blue riuscì a raggiungere il portale. Le vie di montagna, soprattutto in quella zona, erano strette e impervie, e più di una volta si trovò a pochi passi dal cadere in uno di quei baratri. Ma con la giusta calma e attenzione, raggiunse indenne l’ingresso.

Di fronte a lei si tovava un portone mastodontico, alto più di dieci metri, con gli stipiti finemente decorati con ricami che richiamavano l’arte norrena, scolpiti direttamente nella roccia viva. Il portone era spalancato e dava su un lungo corridoio scuro, anch’esso altissimo.

Il portale azzurrino continuava a vibrare e roteare come un mulinello. Blue allungò una mano e, non appena lo toccò, il Supporto le mostrò la schermata.

Sei sicura di voler entrare nel Palazzo del Grande Jötunn?

Blue lesse attentamente il messaggio prima di accettare. D’altronde era nel bel mezzo di una missione di grado Eterno, non c’era da prenderla troppo alla leggera. Non poteva nemmeno essere certa che il suo livello fosse adeguato alle sfide che le sarebbero state proposte.

“Jötunn…”, pensò la ragazza, andando a scavare nella sua mente alla ricerca di dove avesse già sentito quel nome.

Non appena lo ricordò, il suo sguardo si fece serio.

«Merda…» imprecò sottovoce la ragazza. Jötunn era la parola usata per indicare i giganti nella mitologia norrena. Non poteva essere di certo un caso.

Per un momento quasi decise di voltare i tacchi e tornarsene a casa. Anche solo per poter sfidare da sola uno dei giganti intravisti durante quel viaggio avrebbe dovuto essere come minimo al 60, figuriamoci quando si parlava del Grande Jötunn che, dato il suo palazzo, era molto probabilmente qualcosa che si avvicinava a un re tra i giganti.

Che cosa era passato in mente ad Elysium nel darle una missione che non avrebbe mai potuto superare?

Un dubbio le balenò in testa. Elysium non l’aveva mai tradita, non aveva mai lasciato nulla al caso. Se quello fosse stato una specie di test? Se ci fosse stato un modo per superare quella missione?

In effetti, era anche stupido supporre che all’interno del palazzo avrebbe dovuto affrontare uno scontro con un gigante, o uno scontro in generale. Nemmeno sapeva se quel luogo fosse abitato.

Non aveva senso saltare subito alle conclusioni. Altrimenti si stava sbagliando e a quel punto sarebbe stata trasformata in marmellata da qualche signore dei giganti o una cosa simile.

A quel punto, c’era un unico modo per scoprirlo. Anne guardò il turbine con decisione e s’immerse al suo interno.

Dopo un breve caricamento, si trovò all’interno di quelli che erano i saloni nelle viscere della montagna. Estrasse la sua Sferosciabola, così che la luce della sfera di cristallo illuminasse un po’ intorno a lei.

L’atrio dove si trovava era così vasto e alto che la luce non riusciva ad illuminarlo completamente, andandosi a perdere nel buio. Colonne mastodontiche scavate nella pietra scura s’innalzavano per chissà quante decine di metri andando a sorreggere il soffitto nascosto nell’ombra.

Ciò che attirò più di tutto l’attenzione di Blue non era quello che si nascondeva sopra di lei, bensì ciò che stava sotto. Il pavimento era un’enorme e unica lastra di ghiaccio del colore del cielo, come un oceano congelato. Per qualche ragione non chiara, e anche per sua fortuna, la sua superficie non era affatto scivolosa, ma molto simile a quella di una piastrella.

Intorno a lei il silenzio e il buio la facevano da padroni. Mosse la sfera a destra e a sinistra distendendo il braccio il più possibile per vedere al meglio che non ci fosse nulla che si stesse nascondendo da lei.

“Tutto tranquillo”, pensò Anne una volta appurato di essere sola, almeno per il momento. Anche se bisognava dire che “tranquillo” era un parola grossa. Trovarsi da sola in quel luogo la metteva a disagio.

Anne fece un respiro profondo e iniziò ad immergersi nelle tenebre del grande atrio nella speranza di trovare una risposta alle sue domande. Camminò per un tempo non definito, accompagnata unicamente dal rumore stridulo dei suoi stivali sul ghiaccio e dalla luce fredda della sua sfera.

I suoi muscoli erano pronti a scattare al minimo segno di pericolo, la sua mano destra stringeva con forza la sciabola. Scandagliava attentamente con lo sguardo ogni angolo dentro il suo raggio d’illuminazione, rimanendo sempre allerta di un possibile rumore inaspettato.

D’un tratto di fronte a lei la luce della sfera iniziò a delineare la sagoma di quello che sembrava un muro basso. Continuò ad avanzare e poco più avanti, al di sopra del muretto, ne vide un altro, poi un altro ancora. Non le ci volle molto per capire che quelle non erano pareti, ma gradini!

La ragazza si fermò di colpo. Sentiva come se qualcosa la stesse osservando; si guardò intorno ma ancora una volta sembrava essere sola.

“Era solo la mia immag-”

Un rumore simile a un profondo sospiro proveniente poco sopra di lei interruppe i suoi pensieri. Immediatamente la ragazza puntò la sfera in quella direzione, rivelando i lineamenti di un enorme viso umano con due occhi freddi come il ghiaccio che la fissavano.

Un rumore secco rimbombò per il salone, e come per magia il pavimento iniziò ad illuminarsi di una flebile luce chiara. Dalle colonne si accesero alcune torce e l’oscurità iniziò lentamente a diradarsi, lasciando spazio a una penombra che diede modo a Blue di vedere a cosa si stesse trovando di fronte.

Su un trono grande come un palazzo era seduto un uomo enorme dall’aspetto trasandato, con la pelle pallida e ciuffi di capelli lunghi e chiari. Sulla testa portava una corona metallica da cui pendevano diversi monili d’osso, mentre in mano teneva minaccioso un’enorme ascia dalla lama d’ossidiana, anch’essa ricoperta di talismani e rune sconosciute.

«Sei tu quindi il messaggero di sventura?» la voce roca del gigante riecheggiò per qualche istante nel grande salone.

«Immagino che tu sia Jötunn, signore di questo luogo!» disse in tono formale Anne, cercando di rimanere nel personaggio «Sono qui alla ricerca dello Spirito Celeste di nome Uthrafax!»

Il gigante fece un altro rumoroso sospiro, così forte da far muovere i lembi del cappotto della ragazza.

«Per mille secoli la bestia che i signori nelle pianure erbose chiamano Uthrafax è rimasta incatenata in quella che ora è la dimora di Jötunn l’Immenso!» urlò il gigante, quasi come se le parole di Blue l’avessero offeso.

Non dava l’idea di essere dei più amichevoli, pensò la ragazza. La solitudine non doveva avergli fatto bene.

Ad un tratto Anne sentì un rumore simile al verso di un’animale ferito rimbombare nell’atrio.

«Zitta, lurida bestia!» gridò il gigante inferocito, alzandosi in piedi stringendo la sua ascia tra le mani. Scese di corsa i gradini con passo incerto e roteò l’arma sopra la sua testa per poi scaraventare un colpo al pavimento.

Blue fece appena in tempo a spostarsi, quando la lama nera dell’ascia colpì il ghiaccio, lanciando schegge cristalline in giro per tutta la stanza.

La luce proveniente dal pavimento si fece più forte mostrando ciò che si nascondeva sotto lo strato congelato. Blue rimase pietrificata.

Un creatura serpentiforme colossale sembrava incastrata nel ghiaccio del pavimento a diversi metri sotto di lei. Aveva due enormi ali e un corpo ricoperto da scaglie scure; ad occhio e croce doveva essere lunga quasi trenta metri, coda compresa.

“Un drago… Uthrafax…”, pensò Anne esterrefatta. Non si aspettava di trovarlo in quelle condizioni. Si trovava esattamente sopra l'enorme testa della creatura, distesa di lato.

Blue guardò Jötunn, occupato nel cercare di estrarre la sua ascia incastrata nel ghiaccio. Doveva essere una specie di guardiano, o meglio… un carceriere.

La ragazza tornò con lo sguardo sull’enorme drago nel ghiaccio. Di colpo un occhio dorato si spalancò. La pupilla rettile si allargò e si restrinse alcune volte prima di stabilizzarsi su una forma sottile.

Per un attimo Blue sentì come qualcosa nel suo profondo mentre fissava quell’occhio. Era come se stesse sprofondando nel nero della pupilla, rapita dalla lucentezza dorata dell’iride.

Improvvisamente sentì una voce riempire la sua testa.

“Aiutami.”


Capitolo 60 - Alla ricerca delle Storie Dimenticate 3 - FINE
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