Interludio I - Capitolo 63
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Alla ricerca delle Storie Dimenticate 6

Mentre tutti erano intenti ad osservare come NorthDuke fosse stranamente amichevole con il nuovo arrivato, Blue non poté non notare il modo in cui AlterErgo fissava il ragazzo appena arrivato. Non sapeva esattamente dire cosa ci vedesse, ma le sembrava quasi che la donna fosse stata presa da una strana malinconia.

Quando EthernalTide e GoldenLeaf furono al tavolo, tutti gli ufficiali li salutarono calorosamente, ad eccezione di AlterErgo che invece rivolse loro solo un fugace cenno per poi tornare alle sue mappe.

«Come dicevo» disse la donna schiarendosi la voce per recuperare l’attenzione di Azoth «ti verrà assegnato un intero battaglione. Oltre agli altri Guardiani, ci saranno solo membri selezionati di buon livello. Stormer ci ha fornito i nomi di alcuni suoi allievi di spicco che ti seguiranno nella missione.»

«Perfetto, quali sono gli ordini?» domandò Azoth visibilmente impaziente di partire.

«Ti ritroverai con gli altri qui» disse lei indicando sulla mappa un punto vicino alla costa «e ti dirigerai via mare per aggirare gli Emperors. Il tuo compito sarà quello di dare appoggio agli altri sei battaglioni presenti sul posto. Drake ti spiegherà tutto.»

Sentendo quelle parole, il volto di Azoth cambiò immediatamente espressione. Blue capì subito che gli ordini di AlterErgo non erano esattamente ciò che si aspettava suo fratello.

«C-come? Cosa vuol dire di supporto? A chi poi? A quel montato? Dragon, cos’è questa storia?!» esclamò il ragazzo ancora incredulo, voltandosi verso l’amico.

L’uomo quasi lo fulminò con lo sguardo, facendogli capire che non era il tono adatto con cui rivolgersi a lui in quel momento. Si schiarì la voce e cercò subito di sorvolare sulla cosa: «Azoth, se AlterErgo ha deciso così, non ci sono discussioni che tengano»

«Ma-» cercò di ribattere lui prima di essere interrotto da BlueDragon con un cenno della mano.

«Chiaro…» disse amareggiato Azoth. D’altronde, se era la Dea della Strategia ad aver preso quella decisione, nessuno avrebbe potuto ribattere. AlterErgo non aveva mai perso una battaglia. Mai.

Di fianco a lui, EthernalTide lo guardò con un leggero sorriso amareggiato. Sembrava quasi che capisse il suo stato d’animo.

«Azoth» disse all’improvviso AlterErgo rompendo il silenzio «Capisco il tuo punto di vista, ma la missione è troppo delicata per affidarla a qualcun altro. BlueDragon e gli altri ci servono qui in prima linea per poter combattere gli Emperors. Ma laggiù, dietro le loro linee, non basterà Drake a portare a termine la missione. Se si presentasse qualche pezzo grosso della seconda squadra, come farebbero? Capisci dove voglio arrivare?»

Azoth guardò poco convinto la donna che cercava di spiegare le sue scelte. Era ammirevole che lo trattasse in quel modo. Era stato stupido a ribattere: quelli erano ordini, avrebbe accettato comunque. Le parole di AlterErgo, tuttavia, erano state tanto inaspettate quanto ben accette.

«Quello che voglio dire è che se tu e i Guardiani non seguite gli altri battaglioni laggiù, possiamo anche chiudere tutto e andarcene a casa. Se l’attacco a tenaglia dovesse fallire, le probabilità di successo sarebbero davvero scarse» spiegò la donna, cercando di tirar su di morale il ragazzo.

«Andrò anche io con loro» se ne uscì EthernalTide con un sorriso sprezzante, ma AlterErgo si voltò e lo trafisse per un istante con lo sguardo.

«Non ce ne sarà bisogno, il posto tuo e dei tuoi due allievi è già stato assegnato» rispose lei, quasi scocciata dall’uscita di Marco.

Il ragazzo deglutì e si grattò la testa con un sorriso da beota.

«Ecco, a proposito dei miei due allievi…»


Definite le direttive di base, la discussione al tavolo degli ufficiali si era protratta per diversi minuti, mentre l’intera strategia era stata sviscerata e ripetuta ad ogni ufficiale.

Azoth e Blue se n’erano andati, raggiungendo la spiaggia e il loro battaglione. Un gruppo di settanta giocatori, tutti oltre il livello 50 e con ottimi equipaggiamenti, li aspettava ordinato e sull’attenti. Il suo battaglione era uno dei sette che componevano le forze d’élite dei Flawless, e l’unico presente in quella missione.

L’unica loro fortuna, secondo Azoth, era che gli fosse stata messa a disposizione la Dreadnought, uno dei migliori galeoni della gilda, secondo solo alla Cerva Dorata. La nave cavalcava rapida le onde del mare, la costa frastagliata correva veloce alla loro sinistra, mentre il cielo andava via via rannuvolandosi.

«Che cazzo» si lamentò di nuovo Azoth tenendo gli occhi fissi a prua. Era seduto su un barile sul cassero, con la sorella a fianco e Rentaro che governava con abilità l’enorme nave. Gli altri tre Guardiani erano impegnati sul ponte e in coperta a gestire il resto dei giocatori.

«Non farla tanto tragica» sbuffò Blue. Stava tentando di immergersi in quell’ambiente marinaresco, ma se suo fratello continuava a lamentarsi in quel modo sarebbe stato davvero difficile.

«È solo che… beh, ci sarei potuto essere io laggiù in prima linea con Dragon e gli altri, a combattere contro Gaij. Invece sono qui in questa missione suicida come uno scarto» esclamò indicando il galeone di Drake che ancora era visibile nella penombra.

«Ehi!» esclamò Rentaro «Guarda che ci sono anch’io qui e ti sento!»

«Scusa amico, non volevo offendere…» disse Azoth abbassando lo sguardo.

«Ehi capo, tranquillo, scherzo… capisco cosa vuoi dire. E sono sicuro che avresti fatto un figurone là davanti. Si fotta Stormer!»

Rentaro sapeva sempre come tenerlo su di morale. Era quello con cui aveva legato di più tra i Guardiani e si era dimostrato sia un ottimo giocatore che un buon amico.

«Comunque, se posso permettermi, sono contento che ci sia tu e non quel criomante con noi, per quanto possa valere» disse il guerriero lanciando un occhiolino amichevole a Azoth.

«Grazie… vabbé, sarà meglio concentrarsi ora. Ormai quel che è fatto è fatto, no? Quanto manca alla spiaggia?» domandò il ragazzo guardando il timoniere.

Il guerriero ci pensò un po’ su poi rispose: «In teoria non ci vorrà ancora molto. Ma il mare si sta ingrossando e c’è aria di tempesta. Poi sarebbe da pazzi non aspettarsi una controffensiva degli Emperors»

Azoth guardò l’oscurità di fronte a loro. L’enorme scudo tondo legato dietro la schiena dell’uomo rifletteva le luci tremolanti delle lanterne mentre la nave sembrava iniziare a oscillare sempre maggiormente e la foschia s’infittiva, tanto da non permettere più di vedere il resto della flotta.

«Non mi piace granché questa situazione» disse Rentaro, cercando di virare per tenere la Dreadnought sulla rotta prevista. Da lì a pochi secondi iniziò a piovere e il vento prese a soffiare sempre più forte.

«Eccola che arriva, la tempesta!» esclamò Azoth sorridendo ironico.

Blue, che se n’era rimasta da parte, aveva evitato di ascoltare troppo i discorsi dei due e si era messa ad osservare la nave. Trenta cannoni per lato sul ponte, altrettanti sotto coperta. Non se ne intendeva molto di navi, anche se aveva letto diversi romanzi ambientati durante le grandi esplorazioni.

Era un mondo che l’attraeva, ma che contemporaneamente la terrorizzava. Spesso quelle navi erano delle bare galleggianti per quasi tutti i membri della ciurma.

«Non mi sento molto sicura» disse quasi di getto Blue al fratello.

«Nemmeno io, con questa nebbia potrebbero colpirci in qualunque momento» rispose Rentaro, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé. Fece poi un rapido cenno a un uomo sul ponte. Era il segnale perché tutti corressero ad armare l’artiglieria.

«Questa storia mi puzza» disse Azoth «Allarghiamo la rotta, vira a sinistra»

«Intendi babordo» rispose quasi sogghignando Rentaro, cercando di incitare l’altro ad entrare nella parte.

«Quello che è…» replicò Azoth senza distogliere lo sguardo un momento dall’orizzonte, mentre la nave s’inclinava leggermente verso sinistra «Ormai dovremmo averli già incontrati da un pezzo. Se non li abbiamo ancora visti, potrebbero essere qui ad aspettarci. Teniamo la rotta più larga così da avere più spazio di manovr-»

Non terminò la frase che dei lampi seguiti da una sfilza di proiettili di piombo schizzarono a pochi metri da loro, andando quasi tutti a schiantarsi sulle onde.

«Oh merda!» sbraitò Azoth «Siamo sotto attacco! Tutti pronti, non sono venuto fin qui per vedermi affondare su una cazzo di bagnarola, sia chiaro!»

«Capo!» gridò il timoniere spaventato «Quelli erano sì e no sette colpi! Era solo una scarica di prova, stanno prendendo la mira!»

«Rentaro, tiraci via di qui, cazzo!»

Rapido, il guerriero diede un colpo al timone, che iniziò a girare vorticosamente. La mole della Dreadnought le permetteva di sfidare con relativa facilità anche il mare mosso, ma le impediva di muoversi agilmente.

La nave s’inclinò di diversi gradi, iniziando goffamente a cambiare direzione, nel disperato tentativo di togliersi dalla linea di tiro nemica.

Un’altra bordata schizzò verso di loro. Non appena i lampi si accesero nella nebbia, Azoth si gettò sulla sorella buttandola a terra. Alcune palle di cannone volarono roventi poco sopra di loro, mentre altre colpirono la fiancata e le balaustre, mandandole in pezzi.

«Un’altra scarica di prova!» gridò Rentaro quasi soffocato dalla pioggia incessante.

«Dobbiamo rispondere!» urlò Azoth.

«Capo, se rispondiamo sapranno con certezza dove ci troviamo!» ribatté il timoniere.

Azoth pensò per un secondo a quell’eventualità. Si stavano muovendo abbastanza veloci e la nebbia era loro alleata. Se avessero sparato, grazie alle luci dei cannoni sarebbero stati certamente individuati. La Dreadnought aveva una potenza di fuoco invidiabile, ma durante una tempesta e nel bel mezzo di una manovra di emergenza sarebbe stato davvero difficile prendere la mira con cura.

Doveva scegliere in fretta.

«Fuoco! Fate fuoco!» gridò il ragazzo. Dovevano difendersi, e l’unico vero modo sarebbe stato quello di abbattere i loro nemici. La loro nave era più grande, forte e resistente di quelle degli Emperors, doveva assolutamente usare quel vantaggio.

Rentaro guardò l’amico per qualche istante nella speranza che cambiasse idea, ma lo sguardo di Azoth faceva intendere che non sarebbe successo, quindi sollevò la mano e con un urlo diede il segnale alla ciurma di fare fuoco.

I grossi cannoni del galeone scoppiarono all’unisono producendo un rombo tremendo. Molti dei colpi, sfortunatamente, non andarono a segno a causa delle forti oscillazioni della nave, ma le fiamme che s’intravidero in lontananza fecero ben sperare i membri dell’equipaggio.

«Ricaricate i cannoni, pronti a sparare di nuovo!» gridò Azoth con tutta l’aria che aveva nei polmoni sporgendosi dal cassero.

Blue era ancora stesa a terra, senza sapere bene cosa fare. Non le era stato affidato nessun compito, e in quel momento tutta quella situazione le era piombata addosso come una valanga.

Un leggero sorriso si delineò sul suo volto. In quel momento si sentiva come in un libro di Patrick O’Brian, e non poteva desiderare nulla di più. Sfortunatamente, data la situazione, avrebbe probabilmente dovuto accontentarsi di vivere quell’avventura surreale come semplice spettatrice.

Improvvisamente il galeone cambiò tutto d’un tratto rotta, iniziando a girare nell’altra direzione.

«Che succede?!» domandò Azoth senza capire.

Un tuono che sembrò scuotere fino il mare stesso riempì l’aria. Una palla di cannone a dir poco enorme schizzò verso di loro, aprendo un buco nella nebbia stessa.

La sfera di piombo rovente li colpì quasi di striscio, quel tanto necessario per abbattere l’intera fiancata.

Il galeone, per l’impatto, s’inclinò di lato. L’aria era piena di fumo e frammenti della nave schizzavano in tutte le direzioni.

La Dreadnought barcollò a destra e a sinistra, così tanto che più di una volta Blue temette che ormai era finita e si sarebbero ribaltati. La ragazza si teneva stretta con tutte le sue forze a una fune saldamente legata alla nave. Sotto di lei, sul ponte, vide diversi giocatori che non erano stati tanto fortunati e che volarono fuori bordo.

«Porca troia!» sbraitò suo fratello mentre il galeone sembrava quasi tornato stabile. Il ragazzo guardò la fiancata, di cui ormai rimaneva ben poco, tanto che in diversi punti era possibile vedere il ponte inferiore.

«Una Bocca Infernale, merda! Non ci voleva! Siamo fregati!» gridò Rentaro cercando di tenere dritto il galeone.

Blue guardò i due ragazzi quasi sbigottita. Doveva ammettere che, a modo suo, Elias ci stava davvero mettendo l’anima in quella missione. Il suo non era un roleplay adeguato all’ambiente, ma di certo era emozionante. Non si sarebbe mai aspettata di vedere sia suo fratello che il suo amico tanto immersi da agitarsi quasi come se fossero su una vera nave e ne andasse realmente della loro vita.

«Anne!»

La voce di suo fratello la riportò alla realtà.

«Sono sicuro che ce la faremo, ok?!» gridò lui in mezzo alla tempesta.

La ragazza rimase colpita. In tutto quel frastuono, il fumo e la disfatta imminente, Elias stava pensando a lei e la voleva tranquilizzare. Anche se in quel momento probabilmente era la meno interessata a tutto ciò che stava avvenendo, quella era forse la cosa più carina che suo fratello avesse mai fatto per lei.

Immediatamente Azoth si voltò verso Rentaro. I due si guardarono per qualche istante, come se potessero leggersi reciprocamente nel pensiero, poi, all’unisono, fecero un cenno con la testa.

Azoth corse immediatamente sul ponte e iniziò ad impartire ordini a tutti, tentando di recuperare il salvabile. Rentaro iniziò a manovrare la nave con ancora più foga di prima, muovendola tra le onde con la stessa facilità con cui avrebbe governato una piccola fregata.

«Fidati di tuo fratello. Non l’ho mai visto arrendersi di fronte a nulla!» esclamò il guerriero tenendo sott’occhio le navi degli Emperors che di tanto in tanto facevano capolino tra la nebbia. In lontananza le cannonate non sembravano avere tregua.

«Hai un piano?» domandò Blue al ragazzo.

«Ah, allora non hai perso la voce… beh, non è dei migliori che abbia mai escogitato, ma direi di sì» disse indicando un punto all’orizzonte, senza aggiungere altro. Il suo sguardo era concentrato sulle grandi onde che sbattevano di continuo sullo scafo.

Blue non volle approfondire oltre e tornò ad afferrare una delle cime lì intorno. Non voleva rischiare di finire fuori bordo.

La Dreadnought era un galeone particolarmente massiccio, soprattutto se rapportato alle navi degli Emperors. Rentaro allargò la rotta quel tanto che bastava per poter aggirare la flotta nemica, mentre Azoth fece spostare tutti i cannoni disponibili sul lato destro della nave, che ormai era ridotto a un colabrodo.

Passarono a tutta velocità a fianco degli Emperors, iniziando a sparare con tutto quello che rimaneva loro. Blue, dal cassero, vide lo spettacolo di tuoni, luci e fumo sollevarsi dai fori e dalle crepe che ricoprivano il ponte.

I colpi di risposta non tardarono ad arrivare. Avevano una sola nave contro, per loro fortuna, ma fu quasi sufficiente per farli affondare.

Rentaro disse che sarebbe bastata una sola cannonata ben piazzata, e si sarebbero trovati coi piedi a mollo in meno di trenta secondi.

Tra una cannonata e l’altra, però, riuscirono a passare. Per volontà divina o per fortuna, non potevano saperlo. Il mare mosso non permise alle navi degli Emperors di voltarsi, all’inseguimento, lasciando che la Dreadnought si perdesse nella nebbia.

Dietro di loro potevano osservare i fuochi delle navi alleate che non ce l’avevano fatta.

Passarono diversi minuti prima che Rentaro potesse tirare un sospiro di sollievo.

«Sembra che ce l’abbiamo fatta. Anche loro si dirigeranno alle nostre coste, per questo probabilmente non ci hanno inseguito. Non so cosa sia meglio però, sinceramente» disse il guerriero appoggiandosi sfinito al timone. La tensione doveva averlo sfiancato, e la missione non era che appena cominciata.

«Dov’è mio fratello?!» domandò preoccupata la ragazza non vedendo Elias lì intorno.

Rentaro allungò stanco un braccio indicando una figura che si aggirava sul ponte. Blue si tirò sù e corse subito dal fratello.

«Tutto bene?» domandò lei quando gli fu accanto.

Il ragazzo aveva una strana espressione in volto, come se stesse cercando di trattenere le lacrime.

«Tutto bene un cazzo…» disse indicando con un gesto i danni del ponte. Alcuni giocatori stavano uscendo dalla coperta. Non avevano un gran bell’aspetto: «Ho mandato tutto a puttane…» mormorò il fratello amareggiato.

Blue si guardò intorno. Erano rimasti davvero in pochi. Attese ancora qualche secondo, ma nessun altro salì da sottocoperta. Nemmeno uno dei tre Guardiani rimanenti sembrava essere sopravvissuto.

«Non dovevo farli sparare, cazzo!» si rimproverò Elias guardando la sorella «Perché non ho ascoltato Rentaro? Lui me lo aveva detto che era una stronzata! E ora siamo fottuti!»

Anne guardò il fratello. Non l’aveva mai visto tanto deluso in vita sua. Non sapeva davvero cosa dire, quando dal cassero l’urlo di Rentaro attirò la loro attenzione.

«Terra! Terra, ce l'abbiamo fatta!»


Capitolo 63 - Alla ricerca delle Storie Dimenticate 6 - FINE
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