Nina
Era mattina presto quando Daniel si alzò dal letto. Aveva ancora in testa il pomeriggio con Helen, anche se gli sembrava ancora un sogno lontano.
Appena arrivato in salotto vide sul tavolo un grosso cesto di frutta con un biglietto che recitava: “Gentile Mr. White, ieri sera non mi sembrava il caso di disturbarla per la cena. Le ho quindi portato della frutta per fare un po’ di colazione. Immagino sia molto affamato. Buona giornata! Cordialmente, Annette”.
Daniel accennò un sorriso leggendolo. Considerando come l’aveva trattata il giorno prima non si aspettava di certo di ricevere un cesto come quello. La gentilezza di Annette lo aveva commosso.
Per spezzare la fame prese quindi a mangiare una pesca, per poi farsi immediatamente una doccia. Dopo essersi lavato si mise addosso qualcosa, indossò il cappotto, il cappello di lana, e si diresse all’uscita. Era finalmente giunta l’ora di fare un giro nel mondo reale.
Appena fuori dall’Internet cafè si diresse subito verso la metro, comprò un biglietto e si mise ad aspettare su una delle panchine. Nelle cuffie la canzone di una delle sue band metal preferite gli esplodeva nei timpani, isolandolo completamente dalla realtà.
Con un fischio il treno si fermò sui binari. Daniel salì e si sedette in uno dei tanti posti liberi. Insieme a lui c’erano solo un paio di persone che se ne stavano per le loro, ancora assonnati.
Ci vollero 40 minuti di metro per arrivare al capolinea, poco fuori città. Daniel era rimasto solo sulla carrozza ma non sembrava importagli. Scese tranquillamente dal treno trovandosi in una stazione molto retrò, con le piastrelle ingiallite dal tempo e ancora orologi a lancette tutti impolverati.
Dopo una manciata di gradini riemerse da sottoterra in una piccola piazzola in mezzo ad alcune case basse.
“Cosa ci faccio qui…”, pensò. Quel posto aveva un sapore amaro, tanto che per un poco non decise di voltare i tacchi e tronarsene nella sua stanza sul primo treno.
Scuotendo la testa Daniel strinse i pugni e continuò a passeggiare. Le vie di quel piccolo quartiere di periferia erano ricche di piccoli negozietti che a un occhio poco esperto potevano quasi sembrare abbandonati nella solitudine delle periferie.
Un leggero brontolio dello stomaco gli ricordò che non aveva ancora fatto una vera colazione. Il giovane si immerse tra i vicoli del quartiere; dopo alcune svolte si trovò di fronte al Don Chisciotte, un bar come molti, con i tavolini fuori e qualche anziano a sorseggiare vino di bassa qualità.
Daniel si prese un caffè latte, qualcosa da mangiare e pagò il tutto con banconote vere. Gli faceva strano, ma lì in periferia erano pochi i locali che accettavano le Zed come pagamento.
Sazio, quindi, uscì dal Don Chisciotte e senza fretta prese una sigaretta dal suo pacchetto e se l’accese lentamente. Il sapore del tabacco era diverso in quelle stradine rispetto a quando fumava sul tetto di quello sfarzoso cafè in centro.
Daniel riprese a passeggiare senza meta per il quartiere.
“Non sembra cambiato nulla”, stava pensando il ragazzo mentre scorgeva da una via un vecchio giardinetto semi dimenticato. In quel momento però il vociare di alcune persone attirò la sua attenzione.
«VAI! VAI! VAI! SPACCAGLI IL CULO!»
Dal tono sembravano essere ragazzini, o addirittura bambini. Urlavano come matti.
Daniel, curioso, seguì le grida fino ad arrivare ad una piccola tabaccheria di quartiere. Si sporse oltre la porta per capire meglio cosa stesse succedendo.
«Fagli vedere chi comanda!»
«Destra, destra! A DESTRA TI HO DETTO!»
Una piccola folla di ragazzi era tutta seduta intorno ad un vecchio televisore urlando come dannati. Al centro, proprio di fronte al televisore, era seduto quello che doveva essere un altro ragazzino che indossando un ingombrante casco blu.
«Che razza di roba è quella?» si chiese Daniel ad alta voce quasi d’impulso.
«Quello è uno di quei caschi per giocare, una teciamack, o come diamine si dice!» rispose secca una voce dietro di lui. Daniel si voltò e vide che un’anziana signora lo stava fissando dal bancone della tabaccheria. In bocca teneva una di quelle sigarette lunghe e sottili, col filtro ormai completamente sporco di rossetto.
«Da come la guardi devi essere uno del centro, è normale restare un po’ sorpresi. Quello è l’unico casco disponibile qui, è un po’ vecchiotta ma fa il suo lavoro.» disse la donna indicando il grosso casco blu che spuntava dalla folla di ragazzi.
«Non avevo mai visto un arnese del genere… Ma è roba riadattata?» chiese Daniel alla signora curioso. Quando era piccolo lui le TechMask erano estremamente costose e solo i bambini più ricchi ne avevano una. Nelle sale giochi qualche nerd era però riuscito a riadattare alcuni vecchi componenti e a creare delle TechMask funzionanti.
Col senno di poi in realtà erano quasi inutilizzabili ma per un bambino di 7 anni erano già il massimo della tecnologia.
La tabaccaia fece un altro profondo tiro di sigaretta per poi sbuffare una densa nube di fumo bianco proprio in faccia a Daniel.
«Io non ne capisco un cazzo di queste cose eh, scusa il francesismo, è roba di uno del quartiere. La presta ai ragazzetti per fare quei giochi su internet… Stanno tutto il giorno lì davanti ad urlare mentre lei gioca.»
Daniel si voltò verso i ragazzi. Allora sotto quel casco c’era una ragazzina! Senza fare altre domande Daniel si avvicinò alla schermata.
Sullo schermo, un vecchio 40 pollici LCD, si poteva assistere a un duello in corso su NEXT. Al centro dell’arena una ragazza con un grosso arco era nel bel mezzo di un combattimento con un guerriero armato di una lunga spada curva.
«Dai, dai non lasciarlo avvicinare! Colpiscilo!» le urlavano alcuni ragazzi lì intorno. La ragazzina invece era fissa e piegata sul se stessa.
Click Click click
Daniel sentì uno strano rumore proveniva da là sotto, nascosto tra le teste dei bambini. Si avvicinò ancora per vedere meglio, rimanendo di stucco. In mano la ragazzina teneva… un controller?!
«Un controller?!» sbottò Daniel spalancando gli occhi. Non aveva mai visto nessuno giocare a NEXT con un controller. Sarebbe stato troppo difficile!
Improvvisamente uno dei ragazzini vicino a lui gli diede una gomitata nelle costole che quasi lo fece cadere.
«Ehi tu, taci o la deconcentri!» gli urlò quello che agli occhi di Daniel era poco più di un bimbo.
Improvvisamente la ragazzina col casco iniziò a tremare. I suoi muscoli sembravano avere strani spasmi mentre le sue dita si muovevano sul controller ad una velocità mai vista prima.
Dallo schermo si poteva vedere come l’arciere, nickname GoldenLeaf, avesse iniziato a muoversi e scattare da una parte all’altra dell’arena.
Ogni volta che l’enorme arco scoccava una freccia emetteva un rumore sordo e rilasciava ondate di energia dorata che facevano svolazzare i lunghi capelli biondi dell'arciere.
La precisione degli attacchi era fenomenale. Ogni dardo andava a colpire proprio nei punti critici, non lasciando al guerriero il tempo di schivarli. Daniel notò come nei movimenti della bambina non ci fosse il minimo accenno di dubbio. Una volta che la freccia era incoccata e l’arco era teso, l’attacco puntava già verso l’obiettivo.
Non correggeva la traiettoria nemmeno di un millimetro. Non aveva bisogno di correggerla, perché era già perfetta.
Non aveva mai visto una cosa del genere.
Click… Clik click click
Per quanto il guerriero cercasse di schivare i colpi e contrattaccare, non aveva chance. La sua spada non era riuscita a colpire efficacemente l’arciere nemmeno una volta, mentre lui ormai era un puntaspilli.
Con un’abilità GoldenLeaf scoccò un’enorme freccia, lunga più di quattro metri, che travolse il povero guerriero, uccidendolo sul colpo.
In quel momento la tabaccheria scoppiò in un urlo di gioia. Sullo schermo apparve uno stemma ed una scritta. La ragazzina si alzò in piedi togliendosi il casco ed urlando a squarciagola. Era completamente sudata come se là sotto ci fossero stati 50 gradi.
Vittoria! Punti +22. Totale: 1708. GoldenLeaf, benvenuta a Rango Platino III!
Per un attimo Daniel non credette ai suoi occhi. Quella ragazzina non doveva avere nemmeno 14 anni e aveva raggiunto Platino III nei duelli usando un controller.
«Hai visto!» disse la tabaccaia che si era avvicinata per vedere meglio la scena «dicono che Nina sia la miglior combattente di tutto il quartiere, se non dell’intera periferia Nord. Certo io non ne capisco niente, però se quei ragazzini la venerano tanto immagino sia vero, no?»
Daniel era ancora senza parole di fronte a quello che era appena successo. Non riusciva nemmeno a deglutire. Se esisteva gente così, come poteva lui considerarsi un Esperto?
«Ehi ma cosa hai qui?» urlò uno dei bambini che, senza farsi notare, aveva iniziato a sbirciare dentro la sua tracolla.
«N… niente ragazzino, non è nulla…» cercò di allontanarlo Daniel.
«Ehi! Ma questa è una TechMask, una di quelle che usano quelli in città che danno sempre in tv!» squillò il bambino.
In tempo zero tutti si avvicinarono per osservare meglio. Daniel, strinse a sé la borsa ma ormai era circondato.
«Ehi signore, faccela vedere!»
«Sì eddai, facci vedere quella TechMask!»
«Ragazzi, l’ho vista, è una di quelle senza controller, roba forte!»
I ragazzini erano ammassati intorno a lui mentre Daniel cercava con lo sguardo la tabaccaia bisognoso di un aiuto. La donna però ricambiò con un leggero sorriso, facendogli capire che se la sarebbe dovuta cavare da solo.
A quel punto Daniel prese la TechMask dalla borsa. Non era quella dell’internet cafè, ma la sua personale: un vecchio modello di diversi anni prima.
«Bestiale!» urlò uno dei ragazzini guardando la TechMask quasi fosse una reliquia «Sei venuto qua a sfidare la nostra campionessa?»
Un “oh” generale si sollevò dalla folla di ragazzini. Uno straniero con una TechMask per un duello live sarebbe stato un evento da non perdere. Per loro una TechMask come quella significava un giocatore fortissimo.
«Ehi, Nina hai sentito, questo qui è venuto per batterti!» gridò uno alla ragazza. Daniel la guardò per capire chi avesse di fronte. Era minuta, dai capelli castano chiaro tutti arruffati a causa del sudore e del casco.
Non poteva mettersi al confronto di una così. Poi chi aveva detto che era lì per sfidare la campionessa?
“Perché i ragazzini devono ingigantire sempre tutto…”
«No beh veramente io…» farfugliò Daniel.
“Dove diavolo mi sono andato ad incastrare?!”, pensò cercando di uscire da quella situazione.
Con uno sguardo di ghiaccio Nina fissò Daniel. I suoi occhi sembravano ardere del fuoco della competizione. Mise la mano sulla spalla di uno dei bambini.
«Sfida accettata, portategli una sedia.»
