Colui che insegna ai Maestri
White era seduto a gambe incrociate, ancora zuppo d’acqua, tra le tende del piccolo accampamento di EthernalTide. L’amico intanto stava attentamente riequipaggiando la sua armatura.
Le scaglie color lapislazzuli dell’armatura brillavano al sole dell’isola volante. Una volta finito, il risultato era che lo straccione di poco prima si era trasformato in un valoroso soldato.
Daniel era rimasto in silenzio per diversi minuti rimuginando su quanto fosse accaduto quel giorno. In poche ore aveva perso per ben due volte in modo schiacciante, sia contro Nina che contro Marco. Si mordeva la lingua ripensando, imbarazzato, agli scontri di quella giornata.
Non c’era nulla da dire, aveva peccato di superbia e quello era ciò che si meritava.
“Sono un idiota”, continuava a pensare vergognandosi di sé. Non solo aveva sottovalutato Marco, credendo che fosse ancora il bambino con cui passava i pomeriggi da piccolo, ma si era comportato da vero stronzo. Più volte lo aveva sottilmente deriso con frasi scottanti e sorrisetti; Marco, invece, gli aveva sbattuto in faccia la cruda verità sotto forma di un enorme drago marino che lo aveva schiacciato al suolo.
Daniel non era un ingenuo però, non avrebbe mentito a sé stesso. Aveva capito che il motivo della sua sconfitta non erano stati i livelli di differenza. D’altronde, a lui sarebbe bastato un solo colpo andato a segno per mettere termine l’incontro. Un semplice colpo che però non era stato in grado di sferrare. Lì non c’erano abilità d’alto livello che potevano scusarlo.
Tutto il castello di certezze sulle sue capacità “superiori” che si era costruito in quei giorni era crollato miseramente, lasciandolo con uno sconcertante senso d’inaneguatezza di fronte alle sfide che si preannunciavano da lì a poche settimane.
«Non dovresti rimanerci così male» disse EthernalTide vedendo l’amico ancora demoralizzato. Voleva tirarlo un po’ su di morale, ma non capiva come mai Daniel se la fosse presa così tanto.
«Sai, in questi anni mi sono allenato molto con questa storia dei campionati competitivi…» continuò Marco «Ci giravano un po’ di soldi e ho preso la palla al balzo. Ti assicuro che non c’è nulla di male nell’aver perso, alla fine mi hai fatto vedere ciò che mi serviva.»
White alzò lo sguardo demoralizzato verso il guerriero. Aveva la faccia di uno a cui gli era appena morto il cane.
«Daniel non te ne rendi conto? Tu hai un dono! Ne ho visti tanti di giocatori bravi, ma tu sei dotato di natura. Roba da uno su centomila! Non so come sia possibile, ma a livello di capacità sei superiore alla maggior parte dei giocatori. Sinceramente penso che tu sia superiore pure a me.»
EthernalTide scosse
«Ad essere sinceri, sei quasi un mostro. Al primo scontro tutti i miei allievi sotto il Platino non hanno mai retto nemmeno al primo assalto! Te sei riuscito ad arrivare al terzo con relativa facilità. Non posso negare di aver dovuto fare sul serio verso la fine.»
«Allievi?» chiese White senza capire «Allievi di cosa?»
«Insegno Daniel… Insegno come giocare! Sono quello che in alcuni ambiti viene chiamato Coach. La gente mi paga per imparare da me come migliorare!» rispose soddisfatto sfoggiando il suo miglior sorriso.
Daniel sapeva bene cosa fosse un coach. Esistevano decine di piattaforme su internet dove ci si poteva mettere in contatto con vari Esperti perché questi ti insegnassero i “segreti” di NEXT. Con l’esplosione del gioco, erano diventati via via sempre più comuni e molti giocatori competitivi una volta ritirati finivano in quel mondo.
Alcuni prendevano anche somme niente male. Daniel ricordò che anche lui una volta aveva provato a prendere lezioni, ma i prezzi in genere si aggiravano intorno alle due o tre mila Zed all’ora, e lui non si poteva permettere di spendere tanto. Aveva un’affitto da pagare all’epoca.
«Quindi hai fatto coaching a giocatori di rango Platino? Questo spiega molte cose…» disse Daniel. Non c’era da stupirsi se EthernalTide avesse quelle capacità! Per la maggior parte delle persone il rango Platino rappresenta già un’elitè all’interno di NEXT. Per molti raggiungere quei livelli poteva benissimo considerarsi l’apice della propria carriera.
«Oro, Platino, Diamante… ho allenato anche gente a Bonzo se è per questo. Ovviamente agli inizi, ora è difficile che qualcuno di rango basso sborsi 15 mila Zed.»
Daniel sbarrò gli occhi «Q-quindici mila Zed per un giorno d’allenamento?! Alla faccia!»
Marco rise leggermente«Ah ah! No Dani, non al giorno, all’ora!»
Per poco a Daniel non cadde la mascella. Questo spiegava come mai Marco avesse tutto quel bendidio di cabinati, hardware e pure l’isola volante. Per quella cifra lui avrebbe fatto qualunque cosa.
«Marco… con 4 ore di coaching potrei pagarmi l’affitto di casa senza battere ciglio. Ma chi… chi sei diventato?»
«Sai all’inizio non è stato facile… Qualche anno dopo che te ne sei andato ho iniziato a fare scherma. Per otto anni. Per otto anni mi sono allenato giorno e notte, tutto per diventare un professionista. Ma le caviglie non hanno retto» la sua voce aveva una nota d’amarezza nel ricordare il passato «quindi ho dovuto mollare. Poi ho scoperto NEXT. Mi sarebbe piaciuto sfondare, ma la mia vita ormai me lo aveva insegnato: il competitivo non fa per me, non c’era nulla da fare.»
EthernalTide si alzò con un saltello e cominciò a passeggiare per l’isola. White, senza interromperlo, si alzò a sua volta e lo seguì ascoltandolo attentamente.
«Ma con questo non vuol dire che io non mi sia impegnato, anzi. Mi sono studiato NEXT nello stesso modo con cui si fa con un libro di matematica. Ne ho capito le strategie, l’ottimizzazione. Lo sport mi aveva dato tanto: precisione, tempi di reazione. L’arte del combattimento non è poi così diversa qui su NEXT. Saper controllare l’adrenalina, tenere d’occhio l’avversario, avere i riflessi pronti… Sono tutte caratteristiche in comune. Cose che dividono il combattente medio da un vero schermidore.»
Marco sembrava ricordare con piacere il suo passato d’atleta. Le giornate ad allenarsi, a perfezionare la tecnica. Il suo corpo ne portava ancora i segni. Era stato grazie a quel periodo se tutt’ora poteva godere di un’ottima forma fisica.
«Poi, quasi per caso, o forse per gioco, ho aiutato Nina a entrare nel mondo del PvP. Ed è lì che ho capito Daniel. Fa quasi strano dirlo, ma forse il mio posto non è in mezzo all’arena, ma qui, ad insegnare come starci sul serio, nell’arena. Da lì in poi ho inziato la mia conversione, fino a diventare quello che sono oggi. È grazie a me se gente come TaijuKen e SixCarioka sono nei Celestia, o NorthDuke è un guerriero con un DPS superiore a qualunque mago dal Diamante III in giù.»
Daniel era scioccato, i Celestia erano noni in classifica mondiale, e poi NorthDuke!
«Tu… tu hai lavora con NorthDuke? Proprio con lui?!»
I suoi occhi si riempirono d’ammirazione. Ora pendeva dalla bocca dell’amico. Marco aveva insegnato qualcosa a uno dei suoi più grandi idoli, uno dei giocatori sicuramente nella top5 dei migliori al mondo.
«Eh eh, già! Ricorda Daniel che tutti, anche i migliori, hanno sempre qualcosa da imparare. Parlo anche di me ovviamente, non che io sia il migliore in qualcosa in particolare» rise appena «ad un mio collega piaceva sempre dire che ‘dietro ogni grande giocatore c’è un grande team’. Ed è dannatamente vero, Daniel! Il coach e i preparatori sono fondamentali, almeno per il mondo competitivo di oggi.»
Marco ritornò con la mente ai giorni in cui era stato nel team d’allenamento dei Flawless. Quella non era una semplice gilda di un videogame, era un’azienda, e fatturava milioni ogni anno. La loro base operativa era un palazzo tutto acciaio e vetro in Asia con centinaia di uffici.
Là nulla era lasciato al caso; i cinque giocatori della prima squadra erano come reliquie custodite gelosamente. L’azienda monitorava la loro vita in maniera ossessiva: cosa dovevano mangiare, gli allenamenti, le interviste. Pure l’ora a cui dovevano andare a dormire.
Era normale quando avevi a che fare con giocatori da 100 milioni all’anno.
«E com’è?» Daniel interruppe il filo dei pensieri.
«Come scusa?» chiese Marco tornando coi piedi per terra.
«Com’è? NorthDuke? L’hai conosciuto?»
«Un… un tipo strano. Un fissato. Cioè, non mi è ancora chiaro se la sua sia più una passione o una malattia… Diciamo che se dovessi scegliere direi che la sua è una fede.» rispose sincero Marco. Per contratto non poteva dare troppe informazioni su coloro che aveva seguito. Quello poi era un caso particolare, dovendo stare attento a mantenere segreto il fatto che che NorthDuke fosse una donna. In pochissimi oltre a lui lo sapevano, e lui si teneva il segreto ben stretto.
Non l’aveva detto a nessuno. A nessuno tranne che a Nina. A lei poteva dire tutto; per quella bambina, dopo le sfortune della vita, aggrappata a NEXT come l’unico modo per scappare da tutto, sapere che una donna aveva raggiunto un livello simile… beh, le aveva ridato speranza.
“Che mondo di merda…”, pensò Marco, ricordando come ancora, per quanto ci fossero state dure lotte, le donne fossero guardate dall’altro verso il basso anche in NEXT. Il competitivo era al 90% maschile, e togliendo AlterErgo e una manciata di donne in gamba, a tutte le altre venivano sbattute le porte in faccia.
Ma Marco aveva visto in Nina qualcosa, qualcosa che solo lei e che forse nemmeno NorthDuke aveva, e il suo obiettivo era tirarglielo fuori.
«Sai… mi spiace per prima» disse Daniel facendo un sospiro per prendere coraggio «mi sono comportato da stronzo prendendoti in giro»
EthernalTide lo fissò per qualche istante.
«Ma che, scherzi? Ma figurati se me la sono presa, brutto idiota!» disse tirando un pungo amichevole alla spalla dell’amico «E poi è abbastanza normale, l’ultima volta che mi hai visto facevo pietà, e uno come te potrebbe anche puntare a-»
«All’Eternal League.» disse White, fermanndosi immediatamente. Uno strano silenzio cadde tra i due. Il monaco fissava negli occhi il compagno, cercando di capire cosa stesse pensando. Dopo gli ultimi avvenimenti quell’idea lo spaventava, aveva bisogno di sapere cosa ne pensasse Marco.
Il guerriero rimase in silenzio, come se stesse cercando di metabolizzare la cosa.
«L’Eternal League…» fece un sospiro «un obiettivo niente male. Sai che oltre alle top10 ci saranno squadre rappresentanti intere nazioni. I cinque migliori indiani? O cinesi? Oppure americani? Hai idea di quanta competizione ci sarà?»
«Non è la competizione che mi preoccupa» rispose Daniel stringendo i pugni.
“Dillo. Dillo.”, pensava Daniel senza sosta. Aspettava solo che Marco glielo dicesse, che non avrebbe avuto speranza. Gli bastava quello, almeno avrebbe potuto mollare tutto con l’anima in pace.
Ma EthernalTide sembrava interdetto, continuando a rimuginare su qualcosa «L’EL eh… sarà un covo di lupi affamati pronti a sbranare qualunque cosa si muova. Pensi davvero di poterlo fare?»
«Dimmelo tu.» rispose Daniel.
“Avanti. Dimmelo cazzo!”
Le budella gli si contorcevano nello stomaco. Quasi gli veniva da piangere. Lo sentiva, era inadatto. Era stato inadatto fin dall’inizio; erano passati pochi giorni e già non ce la faceva più. Doveva arrendersi, per forza; aveva solo bisogno di una spintarella, che Marco glielo dicesse. Per non sentirsi in colpa.
EthernalTide incrociò le braccia e chiuse gli occhi. Daniel iniziò a tremare visibilmente.
“Eccoci”, pensò sentendosi già come se si stesse per liberare da un grosso peso.
«Daniel, vai a casa. Prendi le tue cose, portale qui. Domani mattina presto iniziamo con l’allenamento, abbiamo molte cose su cui lavorare.»
